L'ultimo pisolino.....
Per le sue caratteristiche l’ossido di carbonio rappresenta un inquinante molto insidioso, soprattutto nei luoghi chiusi dove si può accumulare in concentrazioni letali. Tali situazioni sono purtroppo frequenti e innumerevoli sono i casi di avvelenamento e gli incidenti anche mortali imputabili alle stufe o agli scaldabagni difettosi o non controllati. Essendo il CO incolore, insapore, inodore e non irritatante, può causare morti accidentali senza che le vittime si rendano conto di quel che sta loro succedendo. Frequenti sono pure i suicidi provocati dai gas di scarico delle automobili nei locali non aerati.
Una volta respirato, il CO si lega all’emoglobina con una affinità che è 220 volte superiore a quella dell’ossigeno e formando un composto inattivo fisiologicamente che viene chiamato carbossiemoglobina. Questa sostanza, al contrario dell’emoglobina, non è in grado di garantire l’ossigenazione ai tessuti, in particolare al cervello ed al cuore. La morte sopravviene pertanto per asfissia. L’effetto del CO risulta maggiore in altitudine, per la ridotta percentuale di ossigeno nell’aria. In caso di intossicazione bisogna immediatamente portare all’aria aperta il soggetto colpito, perché la respirazione di aria arricchita di ossigeno aiuta l’eliminazione del CO dalla carbossiemoglobina.
Una concentrazione di CO nell’aria pari a 2000-4000 ppm (0,2%-0,4%) provoca la morte in circa 15 minuti, dopo aver provocato perdita di conoscenza. In presenza di 1000 ppm si sopravvive circa 90 minuti. I primi sintomi dell’avvelenamento sono l’emicrania e un senso di vertigine, purtroppo il gas provoca anche sonnolenza e questo impedisce spesso alle vittime di avvertire il pericolo e di aerare il locale.
A causa del traffico automobilistico la popolazione urbana è spesso soggetta a lunghe esposizioni a basse concentrazioni. La lenta intossicazione da ossido di carbonio prende il nome di ossicarbonismo e si manifesta con sintomi nervosi e respiratori. Nel sangue è presente una percentuale di carbossiemoglobina che dipende dalla concentrazione di CO alla quale una persona è esposta: per ogni ppm di CO presente in aria, lo 0,16% di emoglobina viene trasformato in carbossiemoglobina; sono necessarie però alcune ore perchè si raggiunga la massima saturazione. In proporzione periodi di esposizione più brevi formano meno carbossiemoglobina. Sono considerate fisiologiche concentrazioni di carbossiemoglobina minori dell’1% dell’emoglobina circolante nel sangue. Quando nell’aria la concentrazione di CO è di 12-31 ppm si arriva al 2-5% di carbossiemoglobina e si manifestano i primi segni con aumento delle pulsazioni cardiache, aumento della frequenza respiratoria e disturbi psicomotori (nei guidatori di auto si allungano in modo pericoloso i tempi di reazione). A 100 ppm di esposizione per diverse ore (come nel caso di lunghe soste in gallerie stradali) compaiono vertigini, cefalea e senso generale di spossatezza, che possono essere seguiti da collasso.
Nei fumatori la percentuale di carbossiemoglobina presente nel sangue può variare dal 6% in fumatori moderati, sino al 10% in accaniti fumatori di sigarette che siano esposti anche ad una concentrazione esterna di CO di circa 40 ppm per 1 ora, quando al confronto un non fumatore ha un aumento di carbossiemoglobina da 1,6 al 2,6%.
L’esposizione a monossido di carbonio comporta inoltre l’aggravamento delle malattie cardiovascolari, un peggioramento dello stato di salute nelle persone sane ed un aggravamento delle condizioni circolatorie in generale.
mercoledì, dicembre 03, 2008
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